Da “POESIE - TUTTE LE RACCOLTE” di Anna Elisa De Gregorio

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Anna Elisa De Gregorio è nata a Siena e dal 1959 ha abitato ad Ancona.
Ha pubblicato: Le rondini di Manet (Firenze 2010), prefazione di Alessandro Fo (Premio Pisa 2010 - Opera prima; Premio Contini Bonacossi 2011 - Opera prima); Dopo tanto esilio (Rimini 2012), prefazione di Davide Rondoni (nella cinquina finalista del Premio Gradiva 2013; primo Premio Borgo di Alberona 2014); Corde de tempo (Udine 2013), in dialetto anconitano; Un punto di biacca (Milano 2016), con una nota di Francesco Scarabicchi (nella terna finalista del Premio Metauro 2016; finalista al Premio Gozzano 2016); L’ombra e il davanzale (Macerata 2019), con note di Maria Grazia Calandrone e Luigi Oldani; ‘Na giungla de cartò (pubblicazione del Premio nazionale di poesia in dialetto Città di Ischitella - Pietro Giannone 2020).
È scomparsa ad Ancona nel 2020.

 

 

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Da POESIE - TUTTE LE RACCOLTE - A cura di Nello Bolognini. Prefazione di Alessandro Fo (Ancona, affinità elettive 2022)
 
 

 

Da LE RONDINI DI MANET

 
 

Le rondini di Manet
 

Due macchie in contrasto di colore,
nel bianco la ragazza annuvolata
da velature grigie, nel nero schiarito
di antracite l’altra donna. Proprietà
suprema del pennello di assegnare
a ciascuna l’età: la giovinezza è piena
di sé, la vecchia un po’ stanca.

La luce che si muove e definisce
profili in veletta, tese abbassate:
è lei la vivace, la bella che vola,
e con lei due rondini minuscole
che planano a terra, segni di croce
aperti fra il verdegiallo del prato
a svegliare il silenzio del mondo,
al di sotto del cielo, oltre la lentezza
d’arcadia delle mucche e i tetti rosa.

Felicità assordante il loro canto.
Laggiù vicino alle pale di un mulino
quel sognaccio rosso da maestrina
che annulla le nuvole: è un marameo
del pennello stanco di perfezione.
 

 

 

Da DOPO TANTO ESILIO


 

I sassi nelle tasche dei bambini
 

Quando un vecchio signore
si dà pena di raccogliere sassi
d’incomprensibile bellezza
per metterli piccoli in tasca

e con lui si china
un ciuffo di capelli radi
è possibile che raccolga pensieri
da molto indietro nel tempo
su mosse di gioco familiari.

Assorto in forme leggere
di pietre che volano in aria
e tornano poi nella mano
borbotta tic tic tante volte
fino alla fine del gioco.
Gli occhi su e giù per visioni.
 
 

 

Da CORDE DE TEMPO

 
 

Ade’ che nu’ stai a senti’
 

Dó respiri vicini:
te che sei fjolo e asagi
el vive’, anima nova,
io col tempo mio ristreto.

Drent’ al buio ’l penziero
a ’na deriva s’opre
de mezi sogni e al vento
che sbate contr’j scuri.

Co’ ’l respiro me parli
e cumpagno rispondo:
vita score a l’inverzo,
ma l’anime ene al paro.

Sopro ’l tempo de ’n fiato
tuto se conta: primo
segno che ’riva e primo
a ’nda’ via: ’na farfala. *

* - La poesia si dipana seguendo le varie sfumature di significato della parola greca pneuma.

Adesso che non mi ascolti
Due respiri vicini: / tu che sei bambino e assaggi / la vita, anima nuova, / io col poco tempo che mi resta. // Nel buio il pensiero / si apre a una deriva / di dormiveglia e al vento / che sbatte contro gli scuri. // Con il respiro mi parli / e rispondo nella stessa lingua: / la vita scorre al contrario, / ma le anime sono vicine. // Sul tempo di un respiro / si misura tutto: primo / segnale che arriva e primo / che se ne va: una farfalla.
 
 

 

Da UN PUNTO DI BIACCA



 
Interferenza
 

Spiare dalla porta
che per grazia è socchiusa,
angeli ai quattro punti della terra,
chiusi fuori dal forte,
scansare il velo delle mura: un gioco.

Accomodarsi in attimi di sguardo
sul paese che dorme,
come San Giovanni in sogno, sporgersi
per capire l’insieme
e un attimo riuscirci.

Tutto ha avuto inizio da una chiocciola
che occhieggiava cauta
dall’uscio della chiesa.

Cimabue, Visione degli angeli ai quattro angoli della terra, affresco, Basilica Superiore di San Francesco, Assisi



Il vero e il falso
 

Per sempre sarà lui il mio preferito:
lo decisi un pomeriggio d’estate.
Era Roma, dal vecchio caffè Greco,
in profilo, assolata,
era lui nei tratti del viso accigliato
con una lama di bianco sul naso,
un autoritratto perfetto.

«Ecco De Chirico» sussurra un tale,
«si siede laggiù ogni pomeriggio.»
Mai visto un pittore dal vero:
era lì, avrei potuto toccarlo,
un signore panciuto,
sulla fronte una zazzera famosa,
la noia, negli occhi, già metafisica:

Giorgio De Chirico, Autoritratto con manto e corazza, Fondazione Giorgio e Isa De Chirico, Roma
 
 

 

Da L’OMBRA E IL DAVANZALE



 
Una storia di provincia
 

Parlando di fari, l’immaginazione
corre ai dipinti di Turner,
a isole d’oceano, a racconti di guardiani
per troppa luce e silenzio impazziti.
Quale fascino può emanare un faro
malato d’ombra, in lenta morte
nel mese dei morti
sul bastione d’una città
provinciale su un provinciale mare?

Ma sa arrivare l’attimo immortale
anche per quel lucifero accecato:
la porta e le malandate scale
aperte al pubblico, rinate per un giorno.
E accade, proprio quell’ultima sera,
proprio lassù, che due provinciali
ragazzi, sciarpe al vento, si abbraccino
a luna spenta, un attimo prima
che il faro si richiuda senza vita.
 
 

 

Da ‘NA GIUNGLA DE CARTO'



 
vele

                 ricordo di Jan Palach

Alta na fiama n piaza
se ripiéga su n fianco,
come na vela cólca
sopr’a n gradì de marmo.

È capitato a Praga,
dic’in televisió:
memoria de n ragazo
de libertà brugiato.

L’eroe mòre da solo,
l fumo va n cerca del cèlo:

quant’ore d’agunia
dura n zogno de luce?

E drent’al buio pésto
nasce n chiaro de vela
che taja n mare nòvo
sott’a na bava de vento.

Due vele - ricordo di Jan Palach - Si alza una fiamma in piazza / e si piega su un lato: / una vela riversa / su un gradino di marmo. // È successo a Praga, / dice la televisione: / memoria di un ragazzo / bruciato di libertà. // L’eroe muore da solo, / il fumo cerca il cielo: // quante ore d’agonia / dura un sogno di luce? // E dal buio pesto / esce un chiarore di vela / nuovo, che taglia il mare / sotto un filo di vento.